In linea di massima se cala il costo del petrolio dovremmo essere tutti contenti.
Nell’ultimo anno il petrolio ha dimezzato il suo valore ma noi abbiamo ottenuto solo un 15% in meno ai distributori. Sappiamo bene, però, che gli italiani pagano un bel po’ di tasse su ogni litro erogato.
E’ indiscutibile che il calo del greggio fa bene alle nostre aziende: il petrolio è ancora il motore dell’ economia mondiale, per cui pagare meno per i trasporti e per l’ energia elettrica porta ad un sensibile risparmio. E se gli italiani hanno più soldi spendono di più.
Il petrolio da 100 dollari al barile nel 2014 è passato a circa 30, e questo potrebbe comportare numerosi problemi all’economia ed influenzare anche l’andamento delle Borse.
In ordine, il primo danno lo riceve chi estrae e raffina il greggio: se la materia prima vale meno anche il guadagno varrà meno. Così, se si guadagna meno le multinazionali del settore petrolifero smettono di investire e di assumere, e anche peggio, licenziano.
Il secondo danno è per gli Stati Uniti, dove da pochi anni si estrae il petrolio con una nuova tecnica molto costosa, che consiste nell’estrarre il prodotto direttamente dalle rocce che lo contengono: se i guadagni non dovessero fruttare quanto calcolato potremmo aspettarci una serie di fallimenti a catena e un grosso impatto sulle banche che hanno finanziato le società.
Il terzo problema lo stanno già subendo i Paesi produttori che sanno che devono vendere il petrolio ad un certo prezzo, ma se la cifra si discosta molto, per quegli Stati arrivano i problemi. Bisogna chiedersi: tutto questo vale il 15% in meno?