Riuscire ad avere una visione chiara sugli sviluppi dello scandalo Volkswagen non è semplice, anche per via delle diverse interpretazioni fornite dai media europei ed internazionali. Se qui in Italia le notizie sono caratterizzate da una certa frammentarietà mista a preoccupazione, negli USA alcuni commentatori hanno addirittura profetizzato, non senza compiacimento, la caduta del colosso automobilistico di Wolfsburg.
I media tedeschi sottolineano invece il danno arrecato alla reputazione del “made in Germany”, ma allo stesso tempo tendono a rassicurare sul fatto che sia la VW che tutta l’industria automobilistica tedesca uscirà rafforzata da questo scandalo, scongiurando così un fallimento di quello che viene definito un marchio “too big to fail” (troppo grande per fallire).
La strategia da parte dell’azienda e del governo tedesco è chiara: minimizzare l’entità del danno e far ricadere le responsabilità sulla condotta scorretta di alcuni executives del gruppo (persino il general manager dimissionario, Martin Winterkorn, ha dichiarato di essere stato all’oscuro di tutto), senza tirare in ballo esponenti dei partiti.
Il land del Niedersachsen, dove ha sede gran parte della produzione della VW, è infatti, con il suo 20%, uno dei maggiori azionisti del gruppo e riceve in cambio un notevole contributo, poi redistribuito in servizi alla comunità (283 milioni di euro, solo nel 2014). Rappresentanti politici della regione siedono nel consiglio d’amministrazione della casa automobilistica di Wolfsburg e potrebbero essere stati al corrente dei fatti, dando carta bianca alla dirigenza delle VW per realizzare le manipolazioni incriminate, come sostiene per esempio il prof.
Ferdinand Dudenhöffer, esperto di industria automobilistica all’università Duisburg-Essen. Se così fosse, lo scandalo non sarebbe solo economico ma anche politico, e ben si capisce allora la strategia della “Grossa Koalition” nell’additare come unici responsabili “manager criminali” (così definiti dalla portavoce regionale del SPD, uno dei due partiti di governo) esentando così da colpe la classe politica. E non è un caso che la cancelliera Angela Merkel, recentemente ospite dell’autorevole talk show “Anne Will” alla ZDF, una delle emittenti più importanti in Germania, abbia parlato a lungo della crisi dei rifugiati, ma non abbia menzionato neanche una volta lo scandalo della Volkswagen. Al momento gli sviluppi del caso sono strettamente legati alle indagini sul dieselgate.
L’ex manager Winterkorn dovrebbe ricevere 18 milioni di euro come buonuscita, me potrebbe anche non incassare neanche un euro se si dovesse appurare un suo diretto coinvolgimento nella vicenda, sebbene i magistrati tedeschi al momento non abbiano prove reali nei suoi confronti.