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Il prezzo del petrolio continua a scendere

Gli studenti dei primi semestri di economia all’università imparano che il prezzo di un asset è regolato dalle leggi della domanda e dell’offerta: in un grafico cartesiano, il punto dove le due linee si incontrano determina il cosiddetto equilibrio, che corrisponde al prezzo del prodotto nel mercato di riferimento. Nel caso attuale del petrolio, la “supply curve” (l’offerta) non è coerente con la richiesta: si produce molto più greggio di quello che si consuma, un fenomeno che, come tutti gli studenti ben sanno, tende a ridurre i prezzi. Ma quali sono le cause di questo trend?

Uno dei motivi principali è la sovra-produzione di petrolio da parte dei principali produttori mondiali, che invece di trovare un accordo sistemico per adattare l’offerta alla domanda stanno concentrando le loro risorse nell’intensificare ulteriormente l’estrazione di greggio. L’ultima riunione di inizio dicembre dell’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries) non si è conclusa con un consenso comune sulle strategie future, cosicchè paesi come l’Arabia Saudita hanno addirittura deciso di aumentare la produzione di petrolio, seguiti in questa direzione dagli Stati Uniti, che stanno sfruttando nuovi giacimenti nel continente americano, dalla Russia, che deve incrementare la produzione perché isolata economicamente dopo il conflitto con l’Ucraina, e l’Iran, che ha ripreso ad esportare greggio in seguito all’alleggerimento dei vincoli dell’embargo. Come spiegano gli esperti del portale online comegiocareborsa è proprio questa la causa che ha fatto sì che il prezzo attuale del petrolio si sia attestato in questi giorni addirittura sotto i 36 dollari al barile, una quotazione che non si registrava dal 2004.

Secondo alcuni analisti, la causa del fenomeno deve essere ricercata nel tentativo dei paesi produttori di reagire all’avvento delle energie rinnovabili e del gas, che possono rivelarsi come le nuove fonti energetiche del futuro prossimo, ma che tuttora presentano dei costi superiori, sebbene i vantaggi nel lungo termine (soprattutto nell’ambito dell’impatto ambientale) siano indubitabili. Mantenere i prezzi bassi artificiosamente sarebbe un metodo per evitare la crescita delle rinnovabili, anche se sarà difficile resistere a lungo. La recente conferenza sul clima tenuta a Parigi ha prodotto infatti degli accordi comuni il cui indirizzo sembra essere chiaro, anche se saranno numerosi i tentativi di trovare delle vie d’uscita finalizzate a garantire la supremazia dei carburanti inquinanti. Tuttavia, la strada per una riduzione graduale del loro utilizzo a livello mondiale pare segnata, anche se è difficile riuscire a definirne con certezza l’orizzonte temporale.