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Divieto licenziamento: che cos’è? Per quanto può essere prorogato?

licenziamento

Il divieto licenziamento rientra tra le diverse misure predisposte a partire dall’inizio della pandemia da COVID-19. Si tratta di una misura di sostegno facente parte di quelle comprese nel decreto “Cura Italia” del Governo Conte. Nelle prossime righe vedremo in che cosa consiste il divieto licenziamento e fino a quando è stato prorogato.

Divieto licenziamento: che cos’è?

Nel marzo del 2020 sono state introdotte, tramite il decreto legge n. 18/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27/2020, detto “Cura Italia“, diverse importanti misure. In particolare, delle misure di potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Tra queste misure c’è stata anche quella del divieto licenziamento, ovvero dell’impossibilità per i datori di lavoro di licenziare i propri dipendenti. Le durate sono state via via rinnovate o estese, partendo da 60 giorni e arrivando fino all’attuale data del 31 dicembre 2021. Lo scopo del divieto licenziamento, ovviamente, è quello di mantenere intatto il livello occupazionale in una situazione eccezionale e straordinaria come quella determinata dalla pandemia da COVID-19.

Ma in che cosa consisteva nello specifico questa misura di salvaguardia del posto di lavoro? Secondo il divieto licenziamento, a partire dal 17 marzo 2020 non è possibile irrogare licenziamenti giustificati da motivo oggettivo (ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/66). In più, la misura prevede la sospensione delle procedure di licenziamento collettivo. Queste, come sappiamo, avevano preso piede già a partire dal 23 febbraio 2020 in previsione della crisi in arrivo.

Decreto rilancio ed eccezioni

Successivamente, le misure introdotte con il Decreto Cura Italia sono state prorogate. Ciò è avvenuto tramite il decreto legge n. 34/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77/2020, meglio conosciuto come “decreto Rilancio”.

Questo provvedimento ha permesso di estendere il divieto di licenziamento anche in caso di procedura di conciliazione preliminare ex art. 7 della legge n. 604/66. Ovvero, le procedure relative ai licenziamenti economici comminati all’interno delle imprese con più di 15 dipendenti.

Di conseguenza, queste misure non hanno interessato i licenziamenti avvenuti nell’ambito del rapporto di lavoro domestico, dell’apprendista per fine del periodo di formazione, per mancato superamento del periodo di prova e per superamento del periodo di comporto. Per motivi normativi ne è rimasto escluso anche il licenziamento del dirigente.

Le eccezioni a queste misure emerse di volta in volta hanno infine portato a una definizione ormai pressoché consolidata. Più nello specifico, non si applica il divieto licenziamento in caso di:

  • appalto, ovvero per il personale già impiegato nell’appalto;
  • licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa o dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa in seguito alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività;
  • cessione di un complesso di beni o attività rientranti nel trasferimento d’azienda o di un ramo di essa
  • accordo collettivo aziendale stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, ai quali è riconosciuto il trattamento di disoccupazione (NASpI);
  • fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione.

Il divieto licenziamento oggi: proroghe

Stante quanto sopra, si evince che il divieto di licenziamento si basa su una normativa in costante evoluzione, di pari passo con la situazione pandemica. Come già accennato, sono intervenute diverse proroghe da marzo 2020 ad oggi. In un primo momento la proroga era costituita da 60 giorni (Decreto Cura Italia), poi estesa fino al 31 dicembre 2021.

Nello specifico, però, ad oggi, vige il divieto fino al 31 ottobre 2021 per le imprese:

  • aventi diritto all’assegno ordinario e alla cassa integrazione salariale in deroga
  • destinatarie della cassa integrazione operai agricoli CISOA,
  • del settore del turismo, stabilimenti balneari e commercio.
  • aziende del tessile identificate secondo la classificazione Ateco2007, con i codici 13, 14 e 15

Fino al 31 dicembre 2021 invece per le aziende:

  • cui si applica la CIGO
  • con un numero di lavoratori dipendenti non inferiore a 1.000 che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale (art. 1, decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito con modificazioni dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231)